Immagina di essere trasportato per le strade di una Bergamo degli ultimi decenni del Settecento: percorri le vie cittadine con ai piedi eleganti scarpette affusolate, magari di ritorno da una serata all’insegna del teatro; intanto, dietro le facciate dei palazzi, la vita dei nobili si spende fra lunghe letture, garbate conversazioni, balli e feste sfarzose.
È tuttavia un momento particolarmente sensibile: lontani echi di rinnovamento stanno abbracciando questi anni, ove la dominazione veneta è ormai tramontata, e un vento ideologico scuote la nobiltà ancora stancamente imparruccata.
Ho sempre amato “leggere” la storia dei luoghi attraverso le personalità che vi si sono distinte, perché trovo siano un "filtro" estremamente affascinante con cui addentrarcisi! E la vita culturale della Bergamo della seconda metà del Settecento si può attraversare con la penna e la sensibilità di una sua grande protagonista: la contessa Paolina Secco Suardo Grismondi, in arte Lesbia Cidonia.
Paolina Secco Suardo fra Città Alta e l'attuale Quartiere Finardi
Sì, anche la capitale orobica ha avuto la “sua” musa e poetessa di spicco!
Paolina nacque infatti a Bergamo nel 1746, erede di due nobilissime casate bergamasche: i Terzi, da parte di madre e i Secco Suardo, da parte di padre.
Fu quest'ultimo ad avviare allo studio la giovanissima Paolina, incoraggiandola a scrivere versi; essendo una ragazza, tuttavia, la sua educazione non fu vasta, ed escluse il latino in favore del francese, estremamente in voga all'epoca, perché in uso nei salotti.
Al numero 7 di via San Salvatore, in Città Alta, si trova la casa natale di Paolina Secco Suardo,
riconoscibile da questa targa affissa sulla facciata
A diciotto anni, Paolina divenne la moglie del conte Luigi Grismondi, che le lettere della contessa fanno emergere come un uomo dalla personalità sbiadita, e che non avrà grande spicco nella vita della donna.
La Secco Suardo "scende" dunque da Città Alta e si stabilisce nella dimora del marito: una tenuta immersa nel verde ad un passo dal centro, attorno alla quale è sorto l'attuale quartiere Finardi.
L'origine e l'evoluzione di tale quartiere è molto interessante: sviluppatosi sullo stesso verde che circondava la villa dove dimorò la contessa, ha mantenuto fino ad oggi una vera e propria "vocazione verde".
A metà dell'Ottocento, infatti, la villa è stata acquistata dalla famiglia Finardi, prendendone il nome; reputato immenso il terreno che abbracciava la meravigliosa residenza, la famiglia decise dunque di lottizzarlo per dare vita, tutt'intorno, ad un quartiere residenziale.
Ogni lotto veniva però venduto con una specifica nota: le case che vi sarebbe state costruite avrebbero dovuto mantenere del verde attorno.
Così, l'ingresso nel quartiere avrebbe regalato - e continua a regalare ancora oggi - una sensazione di pace e tranquillità.
E tornando alla dimora di Paolina Secco Suardo e del marito: essa è tutt'ora visitabile!
Villa Grismondi Finardi attorniata dal suo meraviglioso giardino
Non farti ingannare dall'aspetto sobrio e rustico che mostrano le facciate esterne: all'interno, questa villa conserva tutto lo sfarzo con cui è stata decorata dalle famiglie che l'hanno abitata nel tempo.
Dai un'occhiata alle foto che seguono per piombare nella meraviglia!
Interno della Villa
Interno della Villa
Interno della Villa
Una donna intraprendente
Fra le immense stanze di questa residenza, Paolina ingannò il tempo scrivendo molte lettere, che permettono di ripercorrere la sua vita e comprenderne via via le sensazioni.
Si afferra enormemente il grande desiderio della contessa di essere al centro della vita sociale, e quanto tuttavia l'orizzonte culturale bergamasco non la soddisfacesse. Pensa che, già nel Settecento, Bergamo era infatti descritta come “ricca d’industrie più che d’elegante ingegno”!
Paolina, donna curiosa, intellettualmente dinamica ed intraprendente, non si rassegnava a quella che definiva una “noia mortale che la opprimeva senza sosta ” - noia che accompagnava spesso le vite dei nobili! -.
Così, desiderosa di poter respirare un’aria culturalmente più stimolante, atmosfera che la piccola Bergamo non riusciva adeguatamente ad offrirle, cercò di introdurre lei stessa nuove mode in città, attività che alternò ad eccitanti viaggi in Italia e all'estero.
Il ruolo dominante in termini di influenza culturale era ricoperto, all'epoca, dalla Francia, in particolare da Parigi: è lei il modello per l'Europa del Settecento, colei che detta le regole della moda, del gusto e delle buone maniere.
Tra le affascinanti mode d'Oltralpe, Paolina portò in città il piacere del teatro: mossa dalla sua intraprendenza, costituì una compagnia di attori e ne diventò primattrice.
Fu quello il primo tassello della consacrazione artistica della contessa: l'“illustre e divina sconosciuta” ricevette fin da subito apprezzamenti e riconoscimenti.
L'incontro di Paolina Secco Suardo con Ippolito Pindemonte
L’amore per il teatro e la volontà di arricchire la propria formazione la portarono a frequentare l’ambiente intellettuale di Verona, dove si trattenne per un po'.
Qui, lo spirito e la bellezza di Paolina catturarono immediatamente l'attenzione.
Nella vivacissima Verona fiorì anche un intenso legame con il celebre poeta Ippolito Pindemonte: dal loro scambio di lettere, si afferra un’intesa tanto letteraria quanto sentimentale, che travolse la contessa e che contribuì a rendere ancor più sofferto il suo successivo rientro a Bergamo.
Nel lasciare l'amata Verona, scrisse:
"Suolo felice! se non può il mio canto
A te dar laude, quant'io t'ami almeno
Dicanlo i sospiri miei, lo dica il pianto"
Il poeta Ippolito Pindemonte: divenne celebre per la sua traduzione dell’Odissea di Omero
Il Pindemonte le dedicò, tra gli altri, i versi intitolati “A Paolina Grismondi tra gli arcadi Lesbia Cidonia ” e favorì il suo ingresso nella prestigiosa Accademia dell'Arcadia, dove Paolina assunse proprio il nome d'arte di Lesbia Cidonia: approfondiamo il contesto da cui si origina l'affascinante alter ego letterario della contessa!
L’Accademia dell’Arcadia, fondata alla fine del Seicento, in un'epoca dopo imperava il Barocco, raccoglieva letterati che volevano tornare ad una letteratura i cui fondamenti fossero semplicità, chiarezza e razionalità: la regione greca dell'Arcadia fu infatti fin dall'antichità simbolo di vita innocente e serena. I membri dell'Accademia erano così soliti assumere nomi fittizi e grecizzanti.
Per Paolina Secco Suardo venne coniato il nome di Lesbia (che rimanda alla poetessa greca Saffo, ma anche al poeta latino Catullo) Cidonia (che richiama una città di Creta famosa per le viti, i frutteti e gli archi dorati), con il quale divenne nota nel mondo letterario.
L'ingresso nell'Accademia dell'Arcadia e la consacrazione di Lesbia Cidonia
Diventata membro dell’Arcadia, crebbero a dismisura, e in qualità, gli ammiratori e i corrispondenti di Lesbia Cidonia: essi andavano da Canova agli stessi bergamaschi Tiraboschi, Quarenghi e Mascheroni.
Le personalità più illustri fecero a gara nel mostrare l'ammirazione e l'apprezzamento che nutrivano nei suoi confronti, così come le altre Accademie rivaleggiarono per vantare la poetessa fra le proprie fila.
Nel frattempo, sempre attenta e curiosa nei riguardi delle nuove mode, Paolina si dilettò persino ad organizzare il volo di un innovativo pallone-mongolfiera fra la sua villa e quella in cui risiedeva la madre a Trescore. Tale meraviglioso esperimento-spettacolo venne assai apprezzato e decantato.
Per comprendere quanto la contessa fosse all'avanguardia, pensa che il primo volo di "mongolfiera" si ebbe a Parigi solamente un anno prima!
Una raffigurazione del primo volo di una "mongolfiera", avvenuto nel 1783 a Parigi;
esattamente l'anno successivo, Paolina fece volare la sua
Non molto tempo dopo, Paolina darà concretezza alla propria ricerca culturale giungendo ad organizzare un vero e proprio viaggio in Francia: passando per la Svizzera e la Germania, sarebbe arrivata infine a Parigi.
Da Voltaire a Goldoni, le varie tappe favorirono meravigliosi incontri con intellettuali e poeti, che regalarono lodi alla contessa; anche coloro che non poterono avere il piacere di incontrarla, come Diderot, la omaggiarono in lungo e in largo per la bellezza e l'intelligenza che, anche da lontano, emanava.
Parigi rappresentò così il metaforico punto di arrivo di un’evoluzione intellettuale e culturale che, originatasi dall’esperienza teatrale e approfondita con la frequentazione dell’ambiente letterario veronese, era ormai pienamente sbocciata.
Il salotto di Paolina Secco Suardo a Bergamo
Paolina aveva ormai pienamente guadagnato la considerazione e la stima dei personaggi più autorevoli della cultura del tempo.
Man mano, attorno al suo salotto bergamasco si raccolsero le voci degli intellettuali più in vista dell'epoca: tale attività sarà proprio l’aspetto più rilevante della vicenda culturale della contessa.
Questo spazio, infatti, operò come prudente centro di diffusione delle idee illuministiche in terra bergamasca, e contribuì a “sprovincializzare” la cultura orobica.
Un tipico salotto settecentesco
Divenne addirittura teatro di un deciso scontro ideologico su una questione legata all'insegnamento, che vide contrapporsi le posizioni conservatrici dell'ex gesuita Luigi Mozzi e quelle progressiste dell'abate Lorenzo Mascheroni.
In questa vicenda, il ruolo del salotto della Secco Suardo fu fondamentale per promuovere la posizione di Mascheroni, divenendo di conseguenza punto di riferimento principale per coloro che si sentivano pronti ad accogliere le tendenze progressiste provenienti tanto dalla lontana Francia quanto dalla vicina Milano.
L'Invito a Lesbia Cidonia di Lorenzo Mascheroni
L’episodio contribuì anche a consolidare l’amicizia dell'abate Mascheroni con la contessa.
Ne nacque un poemetto che divenne molto celebre all’epoca: "Invito di Dafni Orobiano a Lesbia Cidonia" .
Come potrai aver osservato, con il nome grecizzante Dafni Orobiano era noto, in Arcadia, il Mascheroni.
L'Invito venne composto come omaggio alla contessa, per invitarla in visita all’Università di Pavia, dove l'abate aveva una cattedra di algebra e geometria e dove divenne in seguito rettore.
In questo incontro si immaginava metaforicamente l'intreccio della bellezza e della poesia, rappresentate da Lesbia Cidonia, con il mondo della scienza:
"O sommi lumi dell'Italia il culto
Gradite dell'orobia pastorella,
Ch'entra tra voi, che le veraci fronde
Spicca dal crine e al vostro piè lo sparge!"
I versi del poemetto vennero definiti da Giuseppe Parini nientemeno che "i migliori del secolo". Se vuoi leggere per intero il celebre Invito, puoi farlo qui!
Il busto dell'abate Mascheroni che spicca sul Sentierone, realizzato da Ernesto Bazzaro nel 1897
Ben presto, l’attenzione che il salotto della contessa dedicò alle idee provenienti dalla Francia finì con il mettere addirittura in sospetto le autorità della Serenissima.
Si cercò di verificarne l’eventuale pericolosità, peraltro inesistente vista la prudenza con la quale le idee d’Oltralpe erano recepite e trattate.
Non per nulla Paolina visse con apprensione i successivi sviluppi politici, dalla rivoluzione bergamasca del 1797 al tramonto della Repubblica Veneta.
In tali rivolgimenti non riuscì a riconoscersi, così come nel vedere tanti amici, come lo stesso Mascheroni, aderire con entusiasmo al nuovo corso democratico.
Non riconosceva neppure più la "sua" Francia felice nel vento rivoluzionario che la stava investendo, e scrisse:
"O Gallia, o Gallia [...]
quanto mutata, e oppressa or sei!
Il tuo gran Regno, già sì lieto e adorno,
Pieno è d'orror..."
Gli ultimi anni di Paolina Secco Suardo
L’aria, al di fuori della sua finestra, non era più la stessa per la contessa: tali eventi, uniti a una salute sempre più precaria, indussero Paolina Secco Suardo ad allontanarsi sempre più dalla vita pubblica e ad avvicinarsi alla pratica religiosa, raccogliendosi in un sofferto ripiegamento interiore che caratterizzò i suoi ultimi anni.
La morte giunse per lei quasi improvvisa nel marzo 1801, all'età di cinquantacinque anni.
Piazze, scuole e vie dedicate al mondo di Paolina Secco Suardo a Bergamo
Oggi, le grandi personalità con cui abbiamo passeggiato per un po' in questo breve viaggio, continuano a dialogare fra loro in città: hanno preso la forma delle scuole che sono state dedicate loro.
Da Mascheroni a Quarenghi, fino alla nostra contessa: nel gennaio 1891, infatti, l’Istituto Magistrale di Bergamo è stato intitolato a Paolina Secco Suardo.
Inoltre, in visita alla splendida Villa Grismondi Finardi, o semplicemente passeggiando per il quartiere sorto tutt'attorno, potrai imbatterti in una strada che ti rimanderà alla contessa: ti troverai in via Lesbia Cidonia.
Io, intanto, ti saluto con alcuni splendidi versi della nostra Paolina, che hanno preso forma nella celebre poesia "O rondinella" (1778): esprimono con elegante e raffinata autenticità tutto il tormento della donna che abbiamo conosciuto, ne riflettono la solitudine, il desiderio di libertà e la sofferenza causata dalle vicende avverse e dall’implacabilità del destino.
Una vita che Paolina, donna dall'animo gentile e straordinariamente libero, ha vissuto nonostante tutto così poeticamente da riuscire ad affascinarci ancora oggi.
"O rondinella che con rauco strido Sembri farti compagna al mio lamento Mentre ti aggiri intorno al caro nido L’antico ripetendo aspro tormento,
Quanto t’invidio! io teco e piango e grido, Ma non ho al par di te l’ali onde al vento Franca ti affidi, e d’uno in altro lido Puoi libera varcare a tuo talento.
Se i vanni avessi anch’io n’andrei felice Quel dolce a riveder beato suolo Dove partendo ho abbandonato il core;
E là vorrei… ma lassa a me non lice Per l’ampie vie del ciel seguirti, e solo Fatta simile a te son nel dolore."
Io ho adorato leggere la raccolta poetica di Paolina Secco Suardo: se vuoi perderti anche tu fra le sue pagine, puoi farlo qui!
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