«Da Brescia a Milano si poteva andare per una strada più corta, ma io aveva voglia di veder Bergamo; e perciò presi la volta di questa città».
Erano i primissimi e freddi mesi del 1732 quando Carlo Goldoni, un giovane in fuga da convenzioni, aspettative familiari, frettolose promesse di matrimonio, debiti e studio – insomma, da una vita di rettitudine! – giunse a Bergamo.
Come scrisse molto tempo dopo nelle sue “Memorie” (pubblicate nel 1787), sulla strada per Milano, scelse di deviare il percorso e fare visita alla nostra città, e allungare così ancora un po’ quei “vagabondaggi” che lo tenevano piacevolmente lontano da doveri e pensieri.
Ed eccoci qui, pronti a intraprendere un nuovo viaggio in città attraverso gli occhi dei personaggi che l’hanno attraversata: nientedimeno, Goldoni scrisse di aver condotto a Bergamo, pur per breve tempo, la vita più piacevole del mondo!
E mentre ci addentriamo in questa storia, ti annuncio che il viaggio continua in tour: tieni d'occhio il calendario per non perdere il prossimo tour letterario di Città Alta in compagnia di Goldoni, Stendhal, Hesse, Tasso, Quasimodo, e tanti altri personaggi che ti farà innamorare ancora di più della nostra città!
L’eccentrica vita di Carlo Goldoni
Prima di seguirlo sulle strade della nostra città, ti racconto qualcosa su di lui: il celebre Goldoni, infatti, ebbe decisamente un’esistenza al di fuori degli schemi!
Nacque a Venezia nei primissimi anni del Settecento – come volle il caso (o il destino!), proprio durante gli ultimi giorni del Carnevale. E difatti, pur essendo stato orientato dalla famiglia verso gli studi filosofici e poi giuridici, il grande commediografo inseguì sempre e per tutta la vita le sue geniali inclinazioni teatrali – sbocciate già da piccolissimo, tanto che a nove anni scrisse già una commediola!
Con lui crebbe anche un temperamento così vivace da portarlo a vivere le più curiose situazioni. Gli anni della giovinezza furono caratterizzati da avventure e fughe dai "doveri": lasciò gli studi di filosofia rincorrendo una compagnia di comici, poi fu espulso dall'Università di di Pavia per aver composto un'opera satirica in onore di alcune fanciulle della borghesia locale.
Allo stesso modo il periodo della maturità, pur costellato di successi, fu attraversato da vagabondaggi, rivalità e da un vissuto abbastanza precario, afflitto continuamente dai debiti.
La rivoluzione nel teatro della Commedia dell’Arte
« Il mondo è un bel libro, ma poco serve a chi non lo sa leggere »
Questa considerazione, che fa capolino tra i dialoghi della commedia "La Pamela nubile", è una chiave per orientarsi nel mondo goldoniano. L'autore, infatti, sviluppò ben presto quell’acutissimo spirito di osservazione che diede forma ai suoi brillanti testi teatrali, tanto che successi e glorie non tardarono ad arrivare.
Alternati per un primo periodo lavori che poco gli calzavano (fu vice-cancelliere, avvocato e diplomatico in diverse città) a vagabondaggi sui palcoscenici, a quasi cinquant’anni, Carlo Goldoni era un commediografo pienamente affermato. Le edizioni delle sue commedie si esaurivano in fretta, i suoi testi venivano tradotti e recitati anche all'estero ed egli riceveva riconoscimenti da ogni dove.
In particolare, il successo di Goldoni si originò dalla radicale rivoluzione che portò in teatro: il mondo del palcoscenico, fino a quel momento, come ti raccontavo qui, era quello della cosiddetta “Commedia dell’Arte”, popolato di maschere – le più fortunate, divenute simbolo del Carnevale, sono oggi perfettamente conosciute da tutti noi – alle quali Goldoni cambiò radicalmente il "destino".
Goldoni riformò radicalmente il teatro introducendo un vero e proprio copione scritto, che desse meno spazio alla tradizionale improvvisazione, e diede vita a personaggi e vicende più caratterizzati e meno stereotipati, ma dinamici e ben più realistici.
E i suoi “libri” di riferimento furono proprio il libro del mondo e il libro del teatro: dal primo trasse l’ispirazione per dare vita a situazioni, personaggi e concrete esperienze di vita, e dal secondo, tecniche e strategie con cui suscitare la meraviglia e il divertimento nel pubblico.
Carlo Goldoni a Bergamo
Torniamo ora finalmente all’arrivo di Goldoni a Bergamo! Le sue “Memorie” continuano così:
«Traversando il paese degli arlecchini, guardavo per ogni dove se ravvisavo qualche idea di quel personaggio comico, che forma la delizia del teatro italiano; non incontrai però mai né quei visi neri, né quegli occhi piccoli, né quei vestiti di quattro colori, che fanno ridere; vidi bensì delle code di lepre sopra i cappelli, ornamento anche al giorno d’oggi dei contadini di questa regione.»
È curioso come Goldoni si guardi attorno convinto di trovare qualche traccia di familiarità con la più celebre maschera della Commedia dell’Arte, ovvero Arlecchino: le sue origini infatti sono tutte bergamasche, come ti raccontavo sempre qui, e si ritrovano in particolare nel piccolo borgo di Oneta, nel cuore della Val Brembana, un luogo ricchissimo di storie meravigliose.
Ma Goldoni tutto trovò fuorché personaggi in maschera: i contadini bergamaschi erano agghindati con capi di tutt’altra natura!
«Giunto a Bergamo, smontai a un’osteria dei sobborghi, non salendo le vetture alla città, che resta altissima, e sommamente scoscesa, e andai a piedi fino al quartiere del governo, che occupa appunto la sommità di quell’alpestre montagna.»
Ed ecco che il giovane Carlo giunse in Bergamo Alta, non senza fatica! Le carrozze non erano solite salire fin lassù, date le strade ripide e ciottolose.
I termini con cui l'autore descrisse la posizione in cui sorgeva il borgo confermano la peculiarità della nostra città di trovarsi decisamente più in alto del "normale": un vero unicum! E Goldoni, veneziano abituato a gironzolare a livello del mare, non poté che patire quel grande sforzo! Infatti continuò:
«Stanco all’estremo, e maledicendo la curiosità che mi aveva trascinato in questo luogo senza conoscere alcuno, e nel bisogno di prender riposo, mi ricordai che il signor Porta, mio antico compagno nella cancelleria criminale di Chiozza, era stato nominato cancellier civile di Bergamo.»
A Bergamo Alta, cuore pulsante del potere cittadino, non potevano che aver fissato dimora tutti i governatori e i personaggi più illustri della città: all’epoca, come ti raccontavo qui, Bergamo era infatti guidata dalla dominazione veneziana!
Così Goldoni finì per trovare un ambiente inaspettatamente familiare, scoprendo addirittura di conoscere perfettamente lo stesso governatore cittadino, il podestà:
«Qual buona nuova! qual cosa inaspettata e piacevole per me! Era sua eccellenza Bonfaldini, quell’istesso che fu a Chiozza, dal quale avevo servito in qualità di vice-cancelliere: mi trovai dunque tutto in un tratto in un paese di conoscenza; andai al palazzo e mi feci annunziare.»
Accolto come un figlio e con tutti gli onori possibili dal podestà Francesco Bonfadini e dalla moglie Andriana Dolfin, che Goldoni aveva appunto servito a Chioggia, iniziò la gradevole permanenza del commediografo a Bergamo, tra affetto, gentilezze e buona tavola:
«Bisognava per altro far conversazione con le dame, e io non ero né fortunato né ricco. Il governatore, garbatissimo e sommamente prudente, non mi chiese il motivo del viaggio; dopo pochi giorni però credei bene di metterlo al fatto delle mie avventure e del mio stato. Ne parve commosso, e mi offrì di tenermi in sua casa per tutto il tempo dei dieci mesi che ancora gli restavano per compiere il periodo del suo governo. Non potevo accettare, e per questa ragione lo ringraziai, pregandolo di favorirmi piuttosto lettere di raccomandazione per Milano. Me ne diede parecchie; e una tra le altre, della signora governatrice per il residente di Venezia, mi fu utilissima. Spirati i quindici giorni, presi congedo da sua eccellenza».
Era quello, infatti, un periodo di molti pensieri per il giovane autore, che si confidò con il protettore, e quest’ultimo gli propose di restare a Bergamo il più possibile suo ospite, procurandogli importanti lettere di raccomandazione e denaro.
Il meraviglioso Trionfo di Cibele nel Carnevale del 1733 a Bergamo
Goldoni, tolte le caratteristiche conversazioni con le dame nei salotti nobiliari, non racconta nello specifico come passò le sue giornate bergamasche: certo è che furono giorni lieti, talmente privi di pensieri che lo portarono a riassumere il suo soggiorno in maniera eloquente: «ne profitto per quindici giorni, conducendo la vita più piacevole del mondo».
Nello stesso periodo di quello stesso anno, però, un altro curioso avvenimento si registrò in città: il 9 febbraio, durante il Carnevale, Bergamo venne teatralmente attraversata da una “pomposa mascherata” di nobili, che portarono in scena il Trionfo di Cibele.
Regina del corteo fu proprio Andriana Dolfin, moglie del podestà Bonfadini, che vestiva i panni di Cibele, dea della terra e della natura: al suo guinzaglio due leopardi, Melanione e Atalanta, mentre la donna guidava – da Città Alta, passando per i borghi e raggiungendo infine il prato della Fiera – le personificazioni di Bacco, Mercurio, Saturno e del Cielo, delle stagioni e dei continenti. Attorno a lei, cocchi, musici e valletti erano intenti a lanciare ogni sorta di leccornia al popolo festante.
Lo spettacolare evento venne accuratamente documentato da un cronista d’eccezione: lo storico bergamasco Giovan Battista Angelini, allora abate del podestà Bonfadini.
Ma Goldoni era probabilmente ormai giunto a Milano quando questa meravigliosa sfilata invase la città, e infatti non ne se trova menzione nelle sue "Memorie".
Però, come un cerchio che si chiude, esattamente dieci anni dopo Goldoni avviò quella riforma del teatro che lo rese celebre con una commedia destinata a un enorme successo, “La donna di garbo”: la musa a cui Goldoni s’ispirò era proprio Andriana Dolfin, la moglie del podestà bergamasco.
Il commediografo volle ringraziarla per i piacevoli giorni condotti insieme in quell’inverno del 1733 a Bergamo, e per la sua preziosa lettera di raccomandazione che permise a Goldoni di trovare, a Milano, l’importante impiego di segretario del futuro Cancellier Grande della Serenissima Orazio Bartolini.
Quella manciata di giorni a Bergamo, sotto l'amorevole protezione dei coniugi Bonfandini, e quello che determinò, diedero una svolta alla vita di Carlo, come egli stesso dichiara in apertura della commedia "La donna di garbo": leggi qui!
La rievocazione del Trionfo di Cibele nel Carnevale del 2007 a Bergamo
Quasi trecento anni dopo, nel 2007, Bergamo ha fatto rivivere tra le sue strade questa straordinaria sfilata di nobili! L'evento centrale del Carnevale di quell'anno è stato proprio un nuovo "Trionfo di Cibele", fedele a quello del 1733, attorno a cui ruotavano appuntamenti, animazioni e spettacoli.
E proprio ispirandosi alle descrizioni dell’abate Angelini, è stata realizzata anche la splendida serie di costumi per la sfilata.
Per proseguire nella direzione di quella meravigliosa rievocazione, anche i due anni successivi hanno visto una Bergamo festante nel segno del Carnevale d'artista: nel 2008 è andato in scena un folle e colorato corteo popolano dal tema “Trionfo dei Tonti”, e nel 2009 è toccato a “Viva la ri-creazione!”, firmato da un artista legato al mondo del nouveau cirque.
E per concludere questo piccolo viaggio nel mondo coloratissimo del teatro e del Carnevale, tra i suoi protagonisti e le storie che ancora si respirano in città, ti lascio un ultimo affascinante sentiero da percorrere: quello che si snoda per i teatri storici di Bergamo, dal Donizetti al Sociale, passando per quelli scomparsi!
E io ti aspetto in tour, per leggere la città con occhi sempre nuovi, e lasciarsi sorprendere dalla sua bellezza come fosse la prima volta, con le parole di anime belle come poeti e artisti!
Riferimenti fotografici
Foto Carnevale Trionfo di Cibele Bergamo 2007 (Ph GianFranco Rota)
Sitografia
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