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3 opere dell’Accademia Carrara dedicate a Bergamo



Oggi vorrei regalarti un po’ di voglia di respirare arte, e, ne sono certa, alla fine di questa lettura non vedrai l’ora di tuffarti in Accademia Carrara per dare forma a queste parole e alle immagini che ormai da troppo tempo vedi attraverso uno schermo. Scommettiamo?!


È proprio l’Accademia Carrara, tempio dell’arte bergamasca, il filo che lega i tasselli di questo racconto: un luogo dall’animo straordinariamente ricco e, ovviamente, dal legame profondissimo con la città di Bergamo. È la stessa città ad offrirsi come lente d’ingrandimento più immediata per varcare i cancelli della Carrara, e partire alla scoperta dei quadri e dei pittori che l'hanno raccontata. In fondo lo sappiamo: l'arte è un modo meraviglioso per "addentrarsi" in città e scoprirne tanto i lati più significativi quanto i dettagli più curiosi!


In particolare, nell'ultima sala del percorso espositivo (la numero 28) vi sono tre dipinti ottocenteschi dedicati a Bergamo...



Veduta della piazza Grande di Bergamo, Costantino Rosa


Non potevamo che iniziare con un dipinto, datato 1833, che ritrae il luogo simbolo di Bergamo, ovvero Piazza Vecchia. Da sempre, la piazza principale rappresenta il cuore delle città, sede spesso della rappresentanza politica e religiosa, dove hanno luogo continui incontri e scambi.


Hai notato come Piazza Vecchia sia perfettamente riconoscibile anche a due secoli di distanza?!

Osserva gli edifici principali: il Palazzo della Ragione (la più antica sede comunale lombarda esistente!), la Torre Civica (affettuosamente definita il “Campanone”), la fontana Contarini al centro della piazza, e i dettagli della Basilica di Santa Maria Maggiore che si intravedono in secondo piano.

La fisionomia di questi edifici, rimasta ancora oggi sostanzialmente la stessa, permette quasi di immedesimarsi nell'allegro brulicare di persone che anima la piazza in questa “fotografia” pittorica!

Non a caso, nel 1949, il famoso architetto Le Corbusier, abbracciata con lo sguardo la geometria armonica degli edifici, dopo aver definito Piazza Vecchia «una delle più belle piazze d’Europa» ha aggiunto: «non si può più toccare neppure una pietra, sarebbe un delitto»!

Non soltanto questa piazza speciale: sono moltissimi gli angoli di Città Alta in grado di "parlare" con i pensieri di intellettuali, scrittori ed artisti che li hanno attraversati... se vuoi prendere parte ad un viaggio cadenzato dalle loro parole, il tour letterario di Città Alta fa esattamente al caso tuo!


Così, Costantino Rosa, pittore bergamasco, ci offre un'istantanea cittadina degli anni Trenta dell’Ottocento, dove, nonostante l'alternarsi di luci ed ombre, la vivacità del popolo corre di pari passo con la luminosità emanata dai toni degli edifici.

Pensa che l'artista si era formato proprio in Accademia Carrara, e nella sua carriera si era dilettato nel realizzare vedute di Bergamo, della Val Brembana e dei panorami attorno a Brescia e al lago di Lecco.

Molti sono conservati proprio in Carrara.. Non potrai non riconoscerli nella tua prossima visita!



Opera in parole: Oliviero Bergamini in “viaggio” fra Venezia e Bergamo


Il leone di San Marco scolpito sulla Porta San Giacomo, simbolo del dominio veneziano sulla città di Bergamo.
Il leone di San Marco scolpito sulla Porta San Giacomo, simbolo del dominio veneziano sulla città di Bergamo

Ti va di intraprendere un viaggio piccolo ma estremamente suggestivo? Qui, leggendo e ascoltando le parole del giornalista e professore bergamasco Oliviero Bergamini, puoi seguirlo in una passeggiata poetica fra geografie emozionanti e tempi antichissimi.

Nel suo racconto Di viaggi e di fortezze, egli passa anche per Bergamo, alla quale ha dedicato delle splendide parole ispirandosi proprio al dipinto che abbiamo appena osservato.

Te ne riporto un estratto per incuriosirti… ti renderai conto che, seppur breve, questo racconto copre distanze profondissime!


«Ancora oggi camminando sulle Mura Venete, addentrandosi nella Città Alta, fino alla Piazza Vecchia,

se ne può percepire nelle ossa il senso profondo.

Ci si sente all’interno di un gigantesco guscio, una enorme corazza di pietra che ci circonda e ci copre le spalle. Qui è tutto familiare, le strade, le scalette, la piazza davanti al palazzo della Ragione che per Le Corbusier era tra le più armoniose del mondo. Il mondo è là fuori, misterioso e vago.

Lo si può osservare dall’alto, affacciandosi dagli spalti orlati di ippocastani, piatto e lontano.

Lo si può occhieggiare attraverso l’apertura onirica di Porta San Giacomo, là dove la rampa che scende oltre le mura, curvando sembra scomparire all’improvviso nel nulla, come se la città fosse sospesa in alto, al di sopra della foschia della pianura che si stende a perdita d’occhio nella distanza.

Nelle spalle il brivido rassicurante dell’essere dentro una cerchia chiusa; negli occhi l’invito del mondo.

Le mura di Bergamo, così statiche, ferme, rocciose sono state costruite da Venezia, la regina dei mari, del vento, degli scambi e degli incontri, quando ha cominciato a sentirsi insicura di sé. Quando le forze della storia hanno cominciato a sollevare altri regni, altre potenze, altri sogni.»



Il chiostro di San Francesco a Bergamo, Francesco Coghetti



Questo dipinto ci offre la prospettiva su una quotidiana giornata in un'ala del Convento bergamasco di San Francesco, ovvero uno dei suoi chiostri. Il meraviglioso luogo, situato nel cuore di Città Alta, dista pochi passi dall'animata Piazza Vecchia raffigurata da Costantino Rosa.


Il quadro di Coghetti precede quello di Rosa all'incirca di un decennio (è stato infatti realizzato fra il 1818 e il 1820) quindi possiamo leggere le due scene raffigurate praticamente come contemporanee!

Osserva così come, mentre Piazza Vecchia brulichi di persone e frenesia, all’ombra di questo chiostro si respiri un'atmosfera silenziosa, e così la comprensibile tranquillità di un luogo spirituale; la stessa resa pittorica di Coghetti, con i suoi toni morbidi, restituisce una gradevole serenità. Anche questo pittore bergamasco studiò in Carrara, per poi approfondire la sua formazione nella stimolante atmosfera romana.


L'ex Convento di San Francesco, edificato fra la fine del Duecento e l’inizio del Cinquecento, è oggi una preziosa sezione del Museo delle storie di Bergamo. Ma, nel corso del suo "vissuto", questo luogo ha rivestito le destinazioni più svariate: è stato infatti ospedale, in seguito anche carcere, e nel corso del Novecento scuola elementare; oggi, questa struttura viene spesso scelta come sfondo di numerose attività, dai matrimoni agli spettacoli teatrali.


Uno spettacolo teatrale allestito nel chiostro del convento di San Francesco

Una chicca da non perdere: i suggestivi ambienti del Convento conservano parte dei pregevoli affreschi trecenteschi, ancora carichi di una grande e quieta piacevolezza: essi si inseriscono in quel ciclo pittorico del trecento bergamasco, tipico del territorio, che in San Giorgio in Lemine (ne abbiamo parlato qui, a proposito del Romanico di Almenno!) trova la sua espressione più significativa.


Un frammento di affresco del Convento di San Francesco: un dettaglio del Santo

Le cascate del Serio, Andrea Marenzi



L’opera, realizzata nel 1886 dal pittore originario di Telgate, raffigura le celebri e spumeggianti cascate del Serio, nel cuore della Val Seriana, molto amate anche dai registi: se ricordi, nel film Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino (ne abbiamo parlato qui!), le cascate sono una delle più suggestive tappe del viaggio compiuto dai protagonisti nella bergamasca.


Con i loro 315 metri, le cascate del Serio sono ritenute le più alte d’Italia e le seconde in Europa: il dipinto di Marenzi ne esprime perfettamente la forza espressiva. Nella sala dov’è ospitata, quest’opera è peraltro collocata più in alto rispetto allo sguardo, quasi a voler enfatizzare la potenza romantica del soggetto nell’idea di una nuvola di vapore che quasi si getta verso lo spettatore!


Il soggetto rappresentato è pienamente romantico, con il protagonismo assoluto della natura, nitida eppure a tratti sfuggente; spingendosi verso l’orizzonte, infatti, la composizione diviene sempre più evanescente e sfumata.

L’amore del pittore per l'elemento naturale, insieme alla sua maturità artistica si esprimono intensamente nell’opera: ammira i dettagli e le sfumature precise del paesaggio, e nota l'accuratezza con cui sono stati realizzati i personaggi che attraversano il sentiero - minuscoli rispetto all'imponenza delle cascate.


La resa di Marenzi risulta, infine, molto equilibrata: sebbene, infatti, la potenza del salto del fiume si avverta immediatamente, la composizione è in grado, nell’insieme, di restituire pace e tranquillità.



La leggenda delle Cascate del Serio


Nemmeno in tempi più antichi le persone erano immuni al fascino delle cascate del Serio - al contrario, anzi! - e come per tutte le cose più ammalianti, circa la loro origine si diffuse un affascinante racconto.

La leggenda racconta come tutto ebbe inizio in un castello nei dintorni del Pian del Barbellino: qui viveva una dama, innamorata di un pastore che era solito portare al pascolo il suo gregge per questi monti.

Il giovane, però, era legato ad una bellissima fanciulla del borgo, e non voleva saperne di abbandonarla.

La dama, così, accecata dalla gelosia, fece rapire ed imprigionare la giovane ragazza nelle segrete di un castello che sorgeva sulle alture del Barbellino.

La povera fanciulla si sciolse in pianti tanto disperati da trasformarsi in ruscelli e torrenti che travolsero ogni cosa, compresi il castello e la terribile dama, dando origine al salto da cui si tuffa il Serio, protagonista del dipinto di Marenzi.



Più verosimilmente, le meravigliose cascate si originarono centinaia di migliaia di anni fa da un lago compreso fra le montagne: con il passare del tempo, l’azione erosiva dell’acqua riuscì a farsi strada tra le rocce e diede vita alla cascata. Guarda la meravigliosa fotografia che ti propongo: ci racconta come oggi le acque siano trattenute dalla diga del Barbellino; lo spettacolo del salto è così visibile solo alcune volte l’anno, perché controllato e deciso dall’uomo.



Opera in parola: un fumetto di Bruno Bozzetto tra i quadri dell'Accademia Carrara


Sapevi che anche il famosissimo fumettista Bruno Bozzetto si è ispirato ai quadri della Carrara per dare vita ad un racconto? Qui puoi leggere il piacevole fumetto che ha realizzato prendendo in prestito, fra le altre, due opere che abbiamo appena approfondito!


 

Sono certa di aver stuzzicato abbastanza la tua curiosità, per ora…!

E poi diciamocelo: anche le esperienze già vissute sanno regalare, negli incontri successivi, nuovi dettagli e sensazioni… la Carrara è un luogo davvero speciale, e averlo visitato una volta non basta!

Ti auguro di godere presto un'appagante visita di questo meraviglioso museo, perdendoti fra i tanti luoghi, i personaggi e le mille storie che racconta attraverso gli straordinari dipinti che conserva.


E se volessi arricchire il tuo percorso, scoprendo cosa si nasconde dietro ad ogni quadro, ti consiglio di tenere sotto controllo i profili social della Margì e in particolare il calendario dei suoi tour, per prendere parte il prima possibile ad una visita dell'Accademia Carrara insieme!




 

Sitografia




Riferimenti fotografici


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